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venerdì 8 gennaio 2010

Tre download e si stacca la spina. E’ in vigore la legge antipirati francese che piace all’Italia

pcteschio
In Francia è entrata in vigore la legge anti-pirateria soprannominata Hadopi, dal nome dell’Autorità che avrà il compito di vigilare sui reati di download illegale commessi dai cittadini francesi. Si tratta di un provvedimento in tre passi. Il primo consiste in un avvertimento via email all’utente che scarica contenuti audiovisivi illegalmente, seguito da una lettera, come secondo avviso. Al terzo download scatta la convocazione davanti a un giudice che può disporre la disconnessione dell’utente.
Una legge severa, molto voluta da Sarkozy, che secondo i suoi fautori scoraggerà al secondo avvertimento il 95 per cento dei pirati. Quale eco avrà in Italia? Panorama.it lo ha chiesto a Guido Scorza, avvocato esperto di proprietà intellettuale e diritto informatico.

La Hadopi può rappresentare un esempio anche per l’Italia?
E’ un modello a cui si strizza l’occhio. Un anno fa, a gennaio scorso, al Comitato antipirateria della Presidenza del Consiglio dei Ministri la Siae presentò una bozza di disegno di legge, non dissimile dall’Hadopi. Ora i tempi sono abbastanza maturi perché il comitato chiuda i lavori e, visto che in Francia la legge è passata al vaglio del Consiglio costituzionale, si pensi a una legge simile anche da noi.
Come mai l’Italia non si è mossa prima?
La prima versione della legge francese era stata bocciata dal Consiglio costituzionale perché prevedeva la disconnessione dell’utente colpevole di pirateria da parte dell’Authority, mentre è necessario l’intervento di un giudice. Lo stesso peraltro è specificato nel pacchetto Telecom: le 5 direttive europee in materia di telecomunicazioni da poco varate a Bruxelles. Una di queste riguarda Internet come servizio universale e affronta il tema delle possibilità di interrompere le risorse di connettività come sanzione per la pirateria audiovisiva. La direttiva dice che, nei paesi membri dell’Unione Europea, ciò è possibile esclusivamente laddove il provvedimento sia adottato da un giudice.
Parliamo di costi: c’è chi sostiene che sarebbero molto alti, forse anche più alti dei mancati guadagni lamentati dalle major.
In Francia si sono confrontati col problema, ma siccome la legge era fortemente spinta da Sarkozy alla fine sono andati avanti. Il problema è lo spostamento dei costi. Forse le major dell’audiovisivo portano a casa un vantaggio, ma vengono addossati costi importanti sui provider. Va infatti costruito un sistema di monitoraggio: i provider devono controllare quello che l’utente scarica. L’alta autorità, attraverso i provider, controlla in pratica ciò che gli utenti fanno online. E i costi di gestione lievitano. Poi c’è il problema della disconnessione, che non riguarda solo il provider che dava il collegamento al pirata colto tre volte in fallo, ma anche tutti gli altri: si entra in una black list e nessun provider può più fornire la connessione a chi ne fa parte. La gestione di questa lista nera è onerosa: i provider non possono di fatto più fornire connettività a chi gli pare, ma devono sempre controllare che il loro cliente potenziale non faccia parte della lista nera.
E dovrebbero anche fornire abbonamenti separati per internet e telefono?
Sì i provider devono studiare le offerte dal punto di vista tecnico e commerciale in modo da poter fornire anche a quanti sono nella lista nera un contratto telefonico. Potrebbe essere la fine dei pacchetti “tutto compreso”.
Alla fine chi paga?
Gli Internet Service Provider debbono addossare i costi agli utenti. Ma non ne sono affatto felici, perché è difficile spiegare loro perché fino a ieri l’abbonamento costava 29 euro e da domani ne costa 31. In realtà siamo in un momento piuttosto delicato nel nostro paese, e lo si vede da sentenze come quella del tribunale di Roma sul caso Mediaset-Youtube (il sito non può più trasmettere le immagini del Grande Fratello 10, n.d.r.). Il rischio è quello che, essendo difficile individuare i singoli utenti responsabili delle violazioni per poterli punire, si preferisca punire direttamente gli intermediari della comunicazione. Quindi, nella fattispecie, i fornitori di connettività. E’ chiaro allora che i provider in Italia potrebbero accogliere una legge modello Hadopi come il male minore.
Quanto siamo vicini a una legge italiana antipirateria?
Nella prima metà di gennaio si riunisce nuovamente il Comitato antipirateria della Presidenza del Consiglio. Segnali univoci lasciano ritenere che a seguito di questa riunione possano essere adottati, anche per decreto, provvedimenti simili alla legge francese. Resta forte il dubbio sull’opportunità di varare una legge di questo tipo proprio quando il ministro Brunetta insiste tanto sulla PA digitale. Se la Pubblica Amministrazione sceglie di parlare con il cittadino solo attraverso la Rete, ribadisce di fatto che Internet è un diritto fondamentale, quindi non può poi toglierlo tagliandolo fuori dai servizi essenziali.

via | panorama.it

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