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sabato 7 agosto 2010

Macchine che fanno ipotesi E' questo il futuro della ricerca

Scienziati che rischiano di "annegare" nei dati, come esploratori in una "giungla sconosciuta". Ad aiutarli, fin da ora e sempre più nel prossimo futuro, saranno supercomputer capaci di mettere ordine in quella che a prima vista potrebbe sembrare una bolgia di pubblicazioni, dati, numeri, risultati. Se è vero che la scienza non sarebbe tale senza un po' di filosofia, è nell'informatica che germogliano le possibilità a venire. Ne sono convinti, insieme a molti altri, due ricercatori della University of Chicago, che hanno affidato all'ultimo numero della rivista Science la loro visione di una scienza in cui saranno le macchine a indicare all'uomo la strada da seguire per nuove scoperte.

Negli ultimi anni, sostengono i ricercatori, il ruolo dei computer si è esteso dall'analisi dei risultati alla generazione di ipotesi, inaugurando la nascita di una "nuova era nella ricerca". L'importanza delle macchine per ordinare e classificare l'enorme mole di dati prodotta nei laboratori di tutto il mondo è chiara alla comunità scientifica da tempo. "Oggi nessuno scienziato può sperare di avere sotto controllo tutto ciò che di rilevante viene pubblicato per il suo lavoro", spiegano James Evans e Andrey Rzhetsky. Digitando le parole chiave nell'archivio di PudMed, ad esempio, un biologo che studia il cancro può trovare più di due milioni di articoli su uno stesso argomento, cui si accompagnano oltre duecento milioni di pagine web e milioni di gigabyte contenuti nei database dei vari istituti.

Secondo i ricercatori, "questa esplosione digitale della conoscenza sta cambiando il panorama della scienza". "I computer  -  sottolineano  -  hanno già un ruolo fondamentale nell'aiutare gli scienziati a immagazzinare, manipolare e analizzare i dati. Ora nuove capacità stanno estendendo la loro funzione dall'analisi all'ipotesi, rendendoli capaci di integrare la conoscenza pubblicata con i dati sperimentali". In questo modo è il meta-occhio della macchina, dal suo punto di vista privilegiato, a scoprire pattern e relazioni inedite, collegando aspetti che altrimenti rischierebbero di rimanere isolati.

Il principio di una scienza guidata dalle macchine sembra destinato a rafforzarsi sempre di più nei prossimi dieci anni, quando i programmi attuali si arricchiranno di strumenti ancora più avanzati. Già oggi approcci computazionali vengono regolarmente adottati in discipline diverse, dalla biomedicina alla chimica, dalla genetica alla cosmologia.

In quest'ultimo campo, in particolare,....
l'ingresso di macchine capaci di produrre ipotesi sta portando a una vera e propria rivoluzione culturale. "Per oltre vent'anni  -  spiega Carlton Baugh dell'Institute for Computational Cosmology della Durham University  -  i cosmologi hanno utilizzato i computer per mettere alla prova modelli disegnati dall'uomo. Ora, invece, sta maturando la consapevolezza che, dando alla macchina le impostazioni giuste, sarà lei a trovare nuove connessioni tra pezzi di dati, per poi proporre modelli di una complessità impossibile per la mente umana".

Qualcosa di simile sta avvenendo nel campo della genetica, dove è la bioinformatica a permettere la gestione di milioni di sequenze di Dna memorizzate in database come GenBank, l'archivio genetico online dei National Institutes of Health (Nih). Negli studi di associazione genica, ad esempio, i computer confrontano tutti i geni delle persone affette da una determinata malattia con quelli di un gruppo di controllo, così da individuare quali sono le mutazioni responsabili del disturbo. Affinando le loro capacità di produrre ipotesi, le macchine potranno in futuro suggerire agli scienziati nuovi percorsi per orientarsi nel labirinto di mappe geniche sempre più complesse.

Secondo Evans e Rzhetsky, un altro vantaggio della cosiddetta "machine science" consiste nella sua capacità di superare le barriere disciplinari e far entrare in contatto studi provenienti da campi apparentemente lontani. L'idea è quella di mettere le macchine nella condizione di "scovare" le connessioni tra risultati pubblicati in aree diverse. "Si tratta  -  sottolinea Dawn Field del Centre for Ecology e Hydrology di Oxford  -  di una possibilità straordinaria per la scienza, che per la prima volta sembra aver trovato il modo di superare gli steccati tra una disciplina e l'altra. Nella maggior parte dei casi per uno scienziato è difficile avere un'idea di ciò che accade al di fuori della 'sua' area d'esperienza, quando invece è proprio nell'intersezione tra un settore e l'altro che spesso si nascondono i frutti più carichi di promesse".

Per i fautori della "scienza computerizzata", insomma, l'uso delle macchine nella generazione di ipotesi può rappresentare una svolta per il futuro della ricerca. "Il compito di chi deve trovare nuovi pattern a partire dalla pura osservazione dei dati somiglia a quello di un esploratore che si aggira in una giungla sconosciuta, senza l'aiuto di una guida", aggiungono i ricercatori. "Se non è a conoscenza di ciò che si è già scoperto sull'ambiente e i suoi pericoli, corre il rischio di classificare nel modo sbagliato ciò che vede. Ecco allora che potrebbe avere paura di un serpente innocuo, e ignorare invece una piccola rana capace di uccidere".



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