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lunedì 29 marzo 2010

Times a pagamento sul web; via alla rivoluzione dei "paywall"

 Il sito del quotidiano di Rupert Murdoch non sarà più gratuito: una sterlina al giorno (1.12 euro) oppure due sterline per l'intera settimana. E nei prossimi mesi seguiranno altre grandi testate

Alla fine Rupert Murdoch ha mantenuto la sua promessa. A partire da giugno il sito del quotidiano londinese Times e quello della sua edizione domenicale Sunday Times, saranno consultabili solo dopo un pagamento. L'atteso "paywall" nei siti di informazione, insomma, è alla fine arrivato e presto altri ne seguiranno.

I navigatori che vorranno consultare i giornali in questione dovranno prepararsi a sborsare una sterlina al giorno, o due sterline per l'intera settimana. Una cifra non da poco considerando che in edicola il Times costa proprio una sterlina, ma deve sostenere anche i costi di stampa e distribuzione assenti sull'online. Gli abbonati alle versioni cartacee potranno accedere gratuitamente anche a quelle digitali, un elemento che, combinato al costo delle news online, rafforza il sospetto di una mossa in realtà pensata per rilanciare le edizioni cartacee, più redditizie per le inserzioni rispetto al web.

"Noi siamo orgogliosi del nostro giornalismo  -  ha dichiarato Rebekah Brooks, direttore generale di News International, la società di Murdoch  -  e non ci vergogniamo di dire che crediamo abbia un valore". L'iniziativa di News International non si ferma qui, e nei prossimi mesi la stessa operazione sarà lanciata anche con i tabloid Sun e News of the World.

L'introduzione del paywall sul Times costituisce il primo caso di una grande testata generalista inglese che si converte alle news a pagamento sul web. La crisi della stampa tradizionale, con il costante calo delle copie cartacee vendute, ha portato Rupert Murdoch e gli altri editori a dover pensare a un nuovo modello di business per i loro giornali. Tra le soluzioni che stanno riscuotendo più consensi, da parte degli editori, c'è proprio l'introduzione di news a pagamento sui siti internet che, nonostante il buon numero di accessi, non riescono a fornire sufficienti ricavi attraverso la sola pubblicità.


Sono tanti i giganti dell'informazione che hanno annunciato il paywall. Il caso che più di tutti ha suscitato interesse è però quello del New York Times: la prestigiosa testata della grande mela convertirà il suo sito nel 2011, adottando però un modello "freemium" che consiste in una parte di contenuti gratuiti e in una parte a pagamento. Con diverse formule lo stesso sistema sarà adottato a giungo anche dalla Abc americana, tra il 2010 e il 2011 dai francesi L'Express e Le Figaro. Lo spagnolo El Mundo ha già una sezione a pagamento (Orbyt),  Le Monde lo ha appena lanciato.

Il ritorno in auge dell'idea di far pagare per le notizie si porta dietro non pochi dubbi e rischi. Il modello paywall è tutt'altro che nuovo, e riporta la rete a oltre una decina di anni fa, quando i siti a pagamento erano tanti ma i pochi ricavi convinsero gli editori a modificare i piani e a puntare sulla pubblicità. Secondo un recente studio dell'istituto americano Pew Research, solo il 7% dei lettori americani è così fedele a un sito da essere disposto a pagare pur di consultarlo. Non è un caso che tutte le stime fatte sul numero di lettori "convertibili" al pagamento, si aggirino tra il 5 e il 10%.

L'introduzione del paywall non è quindi una manna dal cielo e infatti è spesso sfociato in clamorosi flop. Tanto per citare l'ultimo esempio, il quotidiano di Long Island Newsday, comprato nel 2008 per 650 milioni di dollari, è riuscito a totalizzare la bellezza di 35 lettori paganti online a tre mesi dall'introduzione del paywall, ottenendo così anche un crollo delle visite al sito e le conseguenti perdite pubblicitarie.

Fino ad oggi gli unici casi di successo di siti a pagamento restano quelli dei quotidiani economici come il Wall Street Journal (che è sempre di Murdoch) o il Financial Times, capaci di offrire notizie esclusive e di un riconosciuto valore economico. Fornire un valore aggiunto sembra quindi la chiave del successo e per convincere anche i lettori "generalisti" del Times di Londra. La News International promette nell'abbonamento anche una versione per e-paper e la possibilità di utilizzare altre applicazioni, per ora non meglio definite.

Solo il tempo potrà dire se questo modello, per adesso sommerso di critiche, potrà avere successo. Intanto le sperimentazioni non finiscono, soprattutto nel campo delle applicazioni per dispositivi mobili. Dopo le applicazioni per iPhone è adesso il turno di quelle per iPad, ancora non arrivato nei negozi ma già investito da alcuni editori del difficile compito di salvare la stampa.


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