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mercoledì 14 luglio 2010

Troppa sincerità crea stress Ecco perché "fa bene" mentire

Che le bugie "bianche" siano il toccasana di tante relazioni sentimentali e della maggior parte dei rapporti di lavoro è un dato di fatto. Ma la scienza non si accontenta di queste semplificazioni e il professor Robert Feldman, docente di psicologia dell'università del Massachusetts, ha raccolto 25 anni di ricerche accademiche sulla menzogna nel saggio appena uscito "Liar: the truth about lying" (Virgin Paperbacks, 2010). Il libro spiega, riportando una serie di studi pratici sulla psiche umana, che dire la verità non sempre fa bene a noi e a chi ci sta intorno e che per questo il cervello è portato a mentire, per difendersi e sopravvivere.

Questo procedimento mentale è alla base della nostra evoluzione ed è un meccanismo atavico, che appartiene anche agli animali e che l'uomo, progredendo, ha fatto suo. Liberandolo però dagli automatismi che regolano il comportamento di uccelli e insetti e condendolo di libero arbitrio, creatività, malizia. In una parola, umanizzandolo - come spiega il professor Luigi Maria Anolli, docente di psicologia della comunicazione presso l'università degli studi di Milano-Bicocca e direttore del CESCOM (Centre for Studies in Communication Sciences). "La nostra mente - precisa - è simulativa. Negli animali la menzogna esiste ma si manifesta come un dispositivo biologico costante e ripetitivo: il piviere è un uccello che per distogliere i predatori dalle uova finge di avere un'ala spezzata; le farfalle pieridi dell'amazzonia, dal sapore gustoso, per non essere mangiate fingono di essere delle euconidi, consimili dal sapore tremendo; l'uccello tarabuso per nascondersi fa addirittura finta di essere una foglia di canna di bambù".

Ma per l'uomo è diverso:
la menzogna, come lo stesso Anolli ha scritto nel libro "Mentire" (Il Mulino, 2003), in noi è intenzionale, nasce da una necessità di sopravvivenza, e il modo in cui mentiamo varia a seconda della cultura ed è alla base della conformazione psicologica di intere società. "La mentalità delle popolazioni orientali - spiega - è da sempre basata sulla menzogna. Quella russa e quella polacca, viceversa, sulla sincerità. Queste ultime due società hanno fatto la scelta più difficile, ed è per questo che sono strutturate in maniera così dura e intransigente". La nostra a quanto pare si trova in una posizione intermedia, e deve questa sorta di equilibrio alla cultura greca antica, che insisteva nel miscelare la giusta dose di bugie e verità.

"Esistono tanti tipi di menzogna - continua Anolli - c'è quella che nasce dall'omissione, il non dire qualcosa, e quella che arriva alla commissione, il dire una cosa falsa. Le bugie possono essere benevole e malevole, ad alto rischio (unusual) e a basso rischio (usual). La nostra società si basa sull'omissione e sulle bugie benevole e a basso rischio, quelle che si dicono più spesso e che sono dettate dalla cortesia e dal galateo. In pratica, abbiamo raggiunto un buon compromesso tra menzogna e sincerità, in nome del progresso". Come ricorda anche Feldman nel suo libro, il progresso è infatti qualcosa che si conquista mentendo, e l'impalcatura finanziaria che ci governa, regolata da mezze verità, lo dimostra.

Come tutti i meccanismi di sopravvivenza, però, anche questo nasconde i suoi effetti collaterali. La menzogna, scrive Anolli nel libro "Vergogna" (Il Mulino, 2010), nel breve periodo aiuta e fa progredire, ma nel lungo frustra la psiche umana e rompe gli equilibri, diffondendo un senso di umiliazione e, appunto, "vergogna" verso ciò che non si è detto o che è stato addirittura falsato. Gli scienziati parlano al proposito di "emozioni della menzogna", quelle scariche adrenaliniche che sul momento regalano l'illusione di aver semplificato tutto, di averla insomma "fatta franca", ma che nel lungo periodo possono portare gli individui a comportamenti autolesionistici, fino ad arrivare al suicidio. La verità, viceversa, pur costringendoci fin da subito a un grande sforzo di responsabilità, e quindi lì per lì soffocandoci con una dose massiccia di stress, a lungo andare ci rende più tranquilli, ed è quindi forse più salutare. Ma si tratta di una valutazione poco adatta ai tempi che corrono, fatti di velocità e risultati immediati. "La menzogna - conclude Anolli - è lo strumento più efficace e rapido per raggiungere determinati obiettivi. Tutto sta a saperla utilizzare".

Anolli è stato il primo al mondo a mettere nero su bianco la differenza tra mentitori "abili" e mentitori "ingenui", con lo studio "Deception" pubblicato nel 1997 sul Journal of Nonverbal Behaviour. A breve pubblicherà anche il libro "Simulazione & the serious games" (Il Mulino, 2011), nel quale spiega come nei "giochi seri" che mettiamo in atto quando simuliamo si nasconda il futuro della comunicazione: all'evoluzione "bugiarda" dell'uomo è insomma impossibile sottrarsi.

Per intercettare al meglio i segnali che indicano quando un essere umano sta mentendo, lui e il suo team stanno addirittura studiando gli algoritmi facciali dell'essere umano, videoregistrando le espressioni del viso, impercettibili al semplice sguardo, che tradiscono una bugia. L'algoritmo in questione si chiama "theme 8": chissà se servirà a smascherare quelle piccole menzogne quotidiane che ci fanno sopravvivere, e che ci rendono più deboli.





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