Il reportage sul "Venerdì" in edicola. Immondizia nelle strade da 14 anni a questa parte
e la raccolta differenziata è ferma al 10% contro il 38% medio del Nord
Campania, l'emergenza rifiuti
non passa, anzi peggiora
dal nostro inviato RICCARDO STAGLIANO'
Rifiuti nel napoletano
REPUBBLICA TV: Morire di diossina, videoreportage di R. STAGLIANO'
Peccato che con quasi 4 volte gli addetti pro capite rispetto a Roma o Milano, a Napoli riescano a mettere nel sacco giusto per il riciclo solo il 10 per cento della spazzatura. Contro il 38 medio del Nord. E che la regione sia rimasta l'unica - assieme alla Sicilia - a non
avere ancora un termovalorizzatore. "Trase munnezza e esci oro" sibilano i maliziosi. Perché così la Camorra
può speculare sui terreni di stoccaggio, comprandoli a niente dai contadini e rivendendoli a prezzi decuplicati, e affittare prima i mezzi di rinforzo ai comuni quando annegano nella lordura e poi i camion che allungano il giro dal cassonetto alla discarica. Affare sporco, enorme affare.
Con i cumuli di rifiuti, oscurati da quest'estate quando furoreggiavano sulle prime pagine, più maleodoranti
che mai. Come dimostrano le 100 mila tonnellate per le strade della regione nella settimana prima di Natale. Per il combinato disposto di uno sciopero di tre giorni degli autotrasportatori, il breve blocco di un impianto di smaltimento, qualche grado in meno e goccia in più
L'iter dovrebbe essere più o meno questo. La differenziata va ai rispettivi riciclatori (alluminio, vetro, carta), il resto agli impianti Cdr (per combustibile da rifiuti). Questi, con filtri meccanici, separano la parte umida (cibo) da quella secca. E producono tre cose: il Fos, la "frazione organica stabilizzata" da usare come fertilizzante; il sovvallo, lo scarto degli scarti destinato alla discarica; le ecoballe, cubi incelofanati da oltre una tonnellata da mettere al
rogo nei termovalorizzatori per ottenere energia.
Però non c'è una sola tessera di questo puzzle che vada
al posto suo. "In tre anni il Comune ha spiegato in quattro modi diversi ai cittadini napoletani come fare la
differenziata. E nessuno ci ha capito più nulla" sbotta Michele Buonomo, presidente della Legambiente
regionale. Racconta che sarebbe possibile, di un paesino di nome Atena Lucana con un record svedese
del 96 per cento. Ma a Napoli città non ha mai funzionato. Perché la gente vede i sacchetti per terra e si deprime: "Chi me lo fa fare?". Credendo che siano problemi diversi.
"E anche perché il contratto con cui la regione affidò la gestione alla Fibe, gruppo Impregilo, prevede che
venga pagata per tonnellate trattate. Dovrebbe autoridursi la bolletta?" ironizza l'onorevole Paolo Russo, ex presidente della commissione parlamentare sui rifiuti. Già, la famigerata Impregilo. Il colosso che nel '94 ha vinto, in una gara che su tutto puntava meno che sull'eccellenza tecnologica, l'appalto per i rifiuti campani. E alla quale i magistrati hanno bloccato quest'estate beni per 750 milioni di euro, oltre all'interdizione per un anno dai rapporti con la pubblica amministrazione, per una strepitosa
serie di inadempienze.
"A Lo Uttaro, nel casertano" schiuma Nunzia Lombardi, una fisica trentenne che organizza per i giornalisti tournée tra la monnezza, "le pareti dell'impianto
sono state costruite verticali anziché spioventi. È l'abc per non far filtrare il percolato". In effetti, come i pm campani hanno certificato, non c'è neppure un Cdr tra i sette edificati capace di sfornare un'ecoballa a norma. In quella poltiglia c'è troppa umidità. E ciò complicherebbe la combustione. Oltre che pneumatici, sacche di sangue, infinite schifezze che dovevano finire altrove. Ancora Russo: "Un fallimento dovuto a cattiva progettazione e al fatto che è arrivata roba totalmente indifferenziata e assai più del previsto".
Risultato: 5 milioni di ecoballe accumulate nei vari centri di stoccaggio. "Piramidi azteche" le chiamano. Che ogni giorno diventano più alte di 2200 mattoni. Che farne? Il penultimo commissario, Guido Bertolaso,
voleva ricostituirci le cave, una sorta di chirurgia estetica per montagne sventrate. "Ma perché fare un
regalo a chi le aveva sfruttate, spesso nomi vicini alla criminalità?" si indigna l'ingegner Giambattista dè
Medici. L'Assise di Palazzo Marigliano, il gruppo di cui fa parte, boccia il piano del prefetto Alessandro Pansa. "Se davvero costruiranno le 31 centrali a biomasse di cui si parla, capaci di bruciare sino a 4 milioni di tonnellate l'anno, la Campania diverrà l'inceneritrice d'Italia, magari anche dei rifiuti tossici del resto del Paese" denuncia Nicola Capone, trentatreenne coordinatore dell'Assise.
La sua ricostruzione ha il pregio della coerenza e il rischio dell'ideologia. Bassolino avrebbe affidato i rifiuti alla Fibe che non solo si è rivelata inefficiente ma ha anche comprato le terre per le discariche dai prestanome della Camorra. E ora i suoi resti se li spartiranno i cementifici. Perché l'ultima della creatività monnezzara è di fare grandi punturoni di gesso e cemento alle ecoballe bagnate per farle asciugare. Se non fosse che così il peso aumenta del 50 per cento e la zavorra da smaltire cresce. "È incredibile" commenta il professor Umberto Arena, "nell'emergenza fioriscono le idee più strane. C'è anche chi ha proposto un marchingegno pomposamente chiamato dissociatore molecolare, vi rendete conto? Quando basterebbe copiare quel che fa il resto del mondo civile". Ovvero differenziata, inceneritori hi-tech, discariche.
Insegna scienze ambientali, quest'ingegnere che rischia ogni giorno la sedizione familiare per la sua intransigente politica del bidone nella bella casa
al Vomero. "I termovalorizzatori potrebbero bruciare anche i rifiuti "tal quali", figurarsi le ecoballe difettose.
E il loro impatto ambientale è minimo. La Germania ne ha 66 e la quota di diossina è stata ridotta del 99%. Idem per Danimarca e Svezia". Ma le balle sono della Fibe che le ha date in pegno alle banche.
Un caos totale. Lo sversatoio di Taverna del Re, dove ne viene parcheggiata la maggior parte, ha i giorni contati. "Lo dobbiamo alla popolazione" assicura Gianfrancesco Raiano, portavoce di Pansa. C'è puzza, il percolato infiltra il terreno. Ci sono già stati picchetti, gli abitanti non ne possono più. "Ma il commissario ha individuato i cinque siti alternativi puntando a caso sulla mappa" accusano gli ecologisti. Nell'avellinese, a
Chianche, tra i vitigni del Greco di Tufo. Con l'imprenditore Mastroberardino già pronto a dare battaglia.
Nel casertano, a Pignataro Maggiore, terra di succulente mozzarelle da esportazione. Al punto
che il celebre caseificio Iemma ha scritto a Pansa: "Se ha deciso di premere il grilletto contro la nostra terra lo faccia, ma ci spieghi perché ha escluso 35 siti alternativi". La gara per chi dovrà succedere alla Fibe, completare il termovalorizzatore di Acerra e gestire i rifiuti per i prossimi 25 anni, è durata solo sedici giorni. In gioco 800 milioni di euro, forse l'appalto pubblico più grande d'Europa. Si è fatta avanti la francese Veolia e l'Asm di Brescia. Non è detto che finisca qui.
I napoletani si sono preparati al Natale zigzagando tra 3.000 tonnellate di immondizia. A San Gregorio Armeno, via dei presepi, si scherza su decorazioni
fatte di rifiuti. Va peggio a Ercolano, dove il sindaco Nino Daniele ha chiesto, per liberare il centro dai sacchi neri, l'intervento dell'esercito. Ieri lo preoccupava il Vesuvio, oggi teme eruzioni dal basso.
(ha collaborato Fabrizio Geremicca)
(28 dicembre 2007)
[via repubblica.it]
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