Il chilo? È in Francia Da 118 anni il "Grand Kilo", realizzato in lega di platino e iridio, viene gelosamente conservato sotto una tripla campana di vetro presso il Bureau International des Poids et Mesures (Bipm) di Sèvres, vicino a Parigi, l'organismo internazionale che stabilisce i criteri per la determinazione delle unità di misura. Il Grand Kilo rappresenta il chilogrammo e a esso in pratica fanno riferimento tutte le bilance dei Paesi che lo impiegano come unità di misura della massa. Dimagrimento inatteso Nonostante i suoi anni, il Grand Kilo è salito agli onori della cronaca solo lo scorso settembre, quando Richard Davis, un fisico del Bureau, ha lanciato un allarme: il cilindretto di 39 mm di altezza e di eguale diametro realizzato nel 1875 non pesa più un kg. Certo, la perdita di massa è infinitesimale, circa 50 miliardesimi di kg. Un "dimagrimento" sufficiente però a causare subbuglio nel mondo scientifico, che si sta muovendo per capire cosa sia successo al kg standard e, soprattutto, per individuare metodi più moderni e affidabili per stabilire ufficialmente quanto pesa un kg. ...il "kg ministeriale" Il chilogrammo è frutto di un accordo sottoscritto da cinquantuno Paesi. |
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Il chilo non è internazionale: è il frutto di un accordo sottoscritto inizialmente da diciassette Paesi (arrivati negli anni agli attuali cinquantuno), che nel 1875 firmarono la Convenzione Internazionale del Metro, riguardante le unità di misura tuttora alla base della nostra vita quotidiana, come il metro, il chilogrammo e il secondo. Dopo la realizzazione del Grand Kilo si decise di produrre altri campioni dell'unità di massa così che i Paesi firmatari della Convenzione potessero averne copie di riferimento. Anche in Italia ci sono campioni di kg: sono quattro e vengono conservati presso il Ministero dello Sviluppo Economico e presso l'Inrim (Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica), l'ente italiano corrispondente al Bureau International des Poids et Mesures. |
Idrogeno che scappa
«I prototipi nazionali», spiega a Focus.it Walter Bich, ricercatore presso l'Inrim e responsabile del campione nazionale di massa, «furono sottoposti a due verifiche: la prima durata dal 1946 al 1953, la seconda dal 1988 al 1992.» A quanto si scopre, però, la diminuzione di massa del Grand Kilo è fatto noto da prima che Davis ne desse notizia: «Già all'epoca di queste due verifiche dei prototipi nazionali si evidenziò, nonostante la pulitura accurata a cui i campioni vengono sottoposti, un aumento della massa della maggior parte di questi rispetto al prototipo internazionale conservato a Parigi». In pratica i prototipi realizzati sul calco dell'originale risultavano più "pesanti". Ma com'è possibile? «In teoria l'unità di riferimento andrebbe considerata immutabile, per cui le discrepanze dovrebbero essere attribuite ai prototipi nazionali. È ovvio però che nacque il sospetto che a variare fosse prevalentemente il Grand Kilo», spiega Bich. L'ipotesi più accreditata è che tutti i campioni hanno subito variazioni in misura diversa, ma in modo particolare il Grand Kilo che - costruito con tecnologie più primitive rispetto alle copie via via più recenti - avrebbe rilasciato col tempo l'idrogeno rimasto "intrappolato" negli interstizi del materiale durante la sua realizzazione, perdendo parte della propria massa.
Alla scoperta del fisico che ha evidenziato questo "calo di peso" del Grand Kilo sono seguite tante proposte per una nuova definizione della massa. Ad esempio, alcune ricerche sono orientate a ricavare la massa del chilo dalla costante di Planck, alla base della meccanica quantistica. Invece Ronald F. Fox, professore emerito di fisica al Georgia Institute of Technology, e Theodore P. Hill, matematico della Georgia Tech School of Mathematics, a settembre hanno ripresentato una proposta che avevano avanzato già nel 2005: secondo loro il grammo, millesima parte del chilo, dovrebbe essere definito attraverso un'altra costante fisica, quella di Avogadro, come 1/12 della massa di una mole di carbonio-12, dove per mole si intende una delle unità base con cui è misurata la materia. Misurando la mole, si ricava il kg. Secondo gli scienziati i tempi per adottare uno di questi "nuovi chilogrammi" sono maturi: già due anni fa c'era chi sosteneva che quest'anno, in occasione della Conferenza Generale dei Pesi e delle Misure conclusasi a novembre, sarebbe stato possibile abbandonare il vecchio cilindro metallico di Parigi. In realtà occorre ancora superare alcuni problemi sperimentali che impediscono un calcolo esatto della mole: «L'obiettivo non è lontano, confidiamo che le difficoltà vengano superate entro la prossima Conferenza, che si terrà nel 2011», conclude Bich. Nel frattempo potremo continuare a fare la spesa senza che il peso della frutta o del prosciutto possa risentire delle incertezze della fisica. Acqua, piedi e buoi: come si misurava il mondo prima della tecnologia Oggi, accanto al Sistema Internazionale (SI) che definisce il chilo, il secondo, il metro e altre quattro unità base, esistono altri sistemi “minori” per diffusione geografica. Il primo e più importante è il Sistema Imperiale Britannico, basato su pollici, piedi e yarde per le lunghezze, once e libbre per la massa, pinte e galloni per il volume. Una sua variante è il Sistema Consuetudinario Statunitense, impiegato tuttora negli Usa. |
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Le unità di misura sono state definite in modo spesso molto curioso, tanto che fino al Settecento in Europa regnava una notevole confusione in fatto di misurazioni. In Italia, per esempio, l’unità “standard” per la lunghezza era il braccio, che però... non era uguale dappertutto: a Torino, per dirne una, era un terzo della lunghezza dell’impronta del corpo di Cristo sulla Sindone! In ambito agricolo invece ogni provincia aveva le sue unità per misurare i terreni: moggio, staio, salma, tomolo, mondello, rubbio, pertica, giornata e altre ancora. Il valore di ogni unità era decisamente aleatorio, basti pensare che una giornata - misura impiegata soprattutto in Piemonte - equivaleva all'estensione di un campo arato da una coppia di buoi in un giorno. Viva la Rivoluzione! All’estero le cose non andavano meglio. A Londra ha resistito per secoli la yarda, che secondo la leggenda fu definita, nel XII secolo, da Enrico I come la distanza tra la punta del suo naso e il pollice della sua mano. A Parigi c’erano quasi mille unità di misura impiegate in ambito commerciale, tra le quali l’ulna, usata dai venditori di stoffe. Anche in questo caso la confusione regnava sovrana: un’ulna corrispondeva a 1,20 m circa, ma non sempre... A seconda che la vendita fosse al dettaglio o all’ingrosso, la sua lunghezza variava. Ci volle la Rivoluzione Francese per mettere ordine in questo caos, con l'adozione del sistema metrico decimale. Che cosa sono le misure Il chilogrammmo corrisponde ancora oggi al prototipo conservato al Bureau International des Poids et Mesures di Parigi che - variazioni “impreviste” a parte - costituisce uno standard internazionale. Ma come si è stabilito, all’epoca della sua realizzazione, quanto doveva pesare un kg? Tutte le unità di misura hanno una lontana radice storica o, più spesso, derivata da misurazioni di oggetti del mondo naturale. Nel caso del chilo si stabilì che la sua massa doveva essere quella di un decimetro cubo di acqua distillata, alla temperatura corrispondente alla sua massima densità, ovvero 4 °C. Un calcolo complesso, soprattutto considerando il fatto che “acqua distillata” è un concetto generico: la capacità di distillare l’acqua si è evoluta, dall’Ottocento (quando fu coniata la definizione) a oggi. Fu questo il motivo che spinse alla realizzazione del Grand Kilo. Che però, a quanto pare, non è comunque del tutto affidabile. Lunghezza e tempo. Altro discorso per il metro: già da quasi cinquant’anni il campione del metro conservato a Parigi, un’asta in platino-iridio realizzata nel 1889, non ha più alcun valore scientifico. Oggi infatti la definizione dell’unità di lunghezza si basa su una costante fisica: la velocità della luce. Il metro è indicato cioè come la distanza percorsa dalla luce nel vuoto in un intervallo di tempo pari a 1/299.792.458 di secondo. Prima di giungere a questa convenzione, però, la lunghezza che oggi chiamiamo metro ha avuto varie definizioni, tra le quali la decimilionesima parte del meridiano terrestre passante per Parigi. Il secondo, invece, in passato indicato semplicemente come 1/86.400 del giorno solare medio, è oggi definito per mezzo di un elemento chimico, il cesio 133: la durata di un secondo corrisponde infatti a quella di 9.192.631.770 periodi della radiazione prodotta dalla transizione tra i due livelli che caratterizzano lo stato dell’atomo di questo elemento. [via focus.it] |
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